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Orvieto
Già gli Etruschi, producevano un'ottima
qualità di vino, facendo fermentare
l'uva in grotte di tufo. Oggi l'Orvieto
è conosciuto in tutto il mondo per il
suo bianco secco, e per il bianco dolce.
Torgiano
Sebbene questo vino sia di più recente
produzione, esprime una grande varietà
di vitigni specializzati in rossi
riserva, rosati, bianchi e spumanti.
Montefalco
Questo prodotto, era già conosciuto ai
tempi di Plinio il Vecchio, con il nome
di "Itriola", sostituito poi, col
passare degli anni, dal "Sagrantino". Di
questo rosso conosciamo due qualità: il
secco e il passito.
Assisi
Anche questa zona (Assisi, Perugia e
Spello) è favorevole alla produzione di
vini rossi, rosati e bianchi. Conosciuti
sono anche il Grechetto e il Novello.
Trasimeno
La coltura della vite qui ha origini
antichissime, grazie al clima lacustre e
ai pendii collinari, che favoriscono
l'esposizione della vite, ai raggi
solari. Ottimi sono i rossi e i bianchi.
Colli
Perugini
In quest'area sono state scoperte
testimonianze di viticoltura da parte
degli Etruschi e dei Romani. La zona, si
estende poi, a sud di Perugia verso la
riva destra del fiume Tevere |
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Storia
e Curiosità del Vino: La vite è
senza dubbio una delle piante che per
prime comparvero sulla terra. Reperti
fossili rinvenuti in molti paesi
europei, confermano la sua esistenza già
50 milioni di anni fa. Con il periodo
della glaciazione, però, queste piante
scomparvero quasi del tutto dal
continente europeo e riuscirono a
sopravvivere nelle zone pedemontane a
sud delle Alpi, nelle isole
mediterranee, in Medio Oriente, nel
Caucaso e in Iran. La vite più antica
apparsa sulla terra fu la cosiddetta
“vitis silvestris” o selvatica,
successivamente, invece, apparve la
“vitis vinifera sativa”, coltivabile
dall’uomo e dai cui frutti deriva il
vino. Molti indicano la Mesopotamia
quale culla in cui per la prima volta
vide la luce il vino, prodotto dai
semiti. Grazie alla loro, più tardi la
coltura della vite si diffuse a sud del
Mar Caspio, in Siria, in Asia Minore e
in Grecia. Un’espansione alla quale
concorsero i Fenici con i loro scambi
commerciali e più tardi gli stessi
Greci, che portarono la vite in Francia
intorno al 600 a.C. e in Italia, anche
se secondo altri studiosi la viticoltura
sarebbe stata introdotta nella penisola
italica dagli Etruschi, popolazione
proveniente proprio dall’Asia Minore. I
Romani, dal canto loro, furono gli
inventori dell’innesto, e contribuirono
a diffondere la vite e il vino oltre i
loro confini originari - portandoli
addirittura in Danimarca e Scandinavia -
e poi nel mondo bizantino. Plinio il
Vecchio, nella sua Naturalis Historia,
per la prima volta stila una classifica
dei cru e individua 80 zone di elezione
e 185 tipologie di vino. Già da vino è
divenuto un tema letterario: nella
letteratura latina sono frequenti i temi
bacchici ed è Orazio che nel I secolo
a.C. disegna la prima figura di
ubriacone, simbolo della nuova tipologia
di consumatore indotta dall’allargamento
dei consumi. Che durante l’Impero
toccarono a Roma 200 litri annui pro
capite. Con le invasioni barbariche la
viticoltura riuscì a sopravvivere solo
in quelle vallate e campagne non toccate
dalle guerre, grazie soprattutto
all’opera degli ordini monastici,
Benedettini e Cluniacensi, che
trascrissero e divulgarono le opere
agrarie e assicurarono il vino al culto
cristiano e alle loro necessità di
consumo. Nel Medio Evo l’affermarsi dei
Comuni e delle Repubbliche Marinare
riattiva molti commerci tra i quali
quello del vino. Un commercio esercitato
soprattutto dalla repubblica di Venezia
nel cui porto, intorno alla fine del
1300 venivano sbarcate dalle 4mila alle
5mila botti all’anno di vini greci e del
medio oriente. Col passare dei secoli la
coltura e l’uso del vino si diffusero
sempre più: nel Settecento vengono
scritti trattati e nascono accademie di
agricoltura e scuole di tecnica agraria.
Ovunque si incrementò la coltivazione di
vitigni di pregio, soprattutto per
migliorare la qualità di vino da
esportare. Mentre i progressi della
chimica e della scienza in genere
favorirono gli enologi, interessati
soprattutto al processo di fermentazione
dei mosti. Nella seconda metà del XIX
secolo, la viticoltura subì una radicale
trasformazione a causa soprattutto dei
malattie che si abbatterono sui vigneti
europei: l’Oidio nel 1850, la
Peronospora e la Fillossera nel 1870.
Quest’ultima colpisce soprattutto i
vitigni francesi ed è grazie all’opera
del professor Planchon di Montpellier
che la situazione si risolve:
quest’ultimo individua le origini
americane della fillossera e scopre che
le viti americane hanno sviluppato una
particolare resistenza al parassita. Da
qui nasce la tecnica di innesto delle
viti europee su piede americano che
risulta decisiva per debellare il
flagello. Da quel momento, però, al
geografia del vigneto europeo cambia
completamente: nelle zone meno vocate la
viticoltura scompare, mentre il resto
degli impianti è completamente
rinnovato, modificando completamente di
conseguenza il gusto del vino prodotto
che ritroviamo poi oggi. |
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